B. D. nr. 2389

(30. 06. 1942)

 

La vita terrena nella libera volontà comporta la responsabilità per la successiva vita spirituale

 

(da uno spirito-guida):

Per centinaia di migliaia di anni l’essere ha dovuto sopportare la costrizione1, e questa condizione è stata estremamente sofferta, perché l’essere è stato creato originariamente nella libertà e poi è stato del tutto derubato di quest’ultima. Perciò il percorso attraverso la vita terrena viene sottoposto costantemente alla legge della costrizione, ovvero, la Volontà di Dio determina sia per il genere della forma esteriore, come anche l’attività dell’essere che dovrà percorrere la sua via terrena, e questo lunghissimo percorso terreno terminerà con un breve tempo di libertà, un tempo in cui l’essere non sentirà tanto la costrizione, durante il quale, in certo qual modo, come essere singolo libero, autonomo, potrà usare la sua libertà secondo il proprio beneplacito.

Questo tempo non deve necessariamente essere tormentoso, se l’essere (come uomo) utilizza correttamente la sua volontà, cioè in un modo che corrisponde alla meta e allo scopo del sua vita terrena; quindi, se egli tenderà a svilupparsi verso l’alto, allora non avrà né da soffrire né da percepire il suo involucro esteriore come una costrizione, e in breve tempo ne sarà anche privato e sarà definitivamente libero. Se invece il cammino terreno è di sofferenza, allora la causa è la stessa volontà dell’essere (come uomo). Egli percorrerà una via sbagliata, e dovrà essere corretto attraverso la sofferenza.

Nondimeno, anche se gli sarà lasciata la libera volontà fino alla fine di questo percorso terreno nella carne, solo dopo la fine della vita fisica riceverà la sua definitiva libertà, poiché dipenderà unicamente da come ha vissuto la sua vita terrena, se potrà essere libero da qualsiasi catena, cioè, se da lui potrà cadere ogni involucro sia fisico come anche spirituale, e l’essere (la sua anima) potrà quindi trovarsi nella pienissima libertà. Tuttavia, nel regno spirituale potrà ancora portare con sé delle catene, nella misura in cui ogni desiderio terreno o materiale significherà per l’essere una catena. Allora potrebbe sopportare di nuovo la pressione di tali catene per tempi infiniti, oppure, secondo la sua volontà, liberarsi da questo desiderio.

L’essere (di là) non percepisce di certo nessuna catena fisica, ma le catene dello spirito sono tanto più tormentose perché l’opprimono straordinariamente. Infatti, considerato che lo stato originario dell’essere era libertà e forza, dove non era soggetto ad alcuna costrizione, adesso non può ancora decidere e agire liberamente, cosa di cui l’essere che ora si trova di là, si renderà ben conto dopo la vita terrena, durante la quale ha assaporato la libera volontà. E quindi, ora soffrirà sotto uno stato di non-libertà, anche se in altro modo rispetto agli stadi precedenti l’incarnazione come essere umano, quando sulla Terra ha vissuto in un certo stato di costrizione, perché in quello stato gli era prescritta ogni attività e forma e non poteva opporvisi. Ora, invece, lo stato di costrizione è escluso, non viene forzato a nessuna attività, bensì, piuttosto, è ostacolato attraverso la mancanza di forza, e quest’assenza di forza la percepisce particolarmente angosciante, essendo uno spirito che una volta è stato creato libero.

L’essere aspira perciò immediatamente alla libertà spirituale non appena giunge alla conoscenza che il suo stato originario era libertà e forza, e questa conoscenza è in primo luogo il risultato della sua volontà usata correttamente. Esso nello stato di ‘relegato’ aspira certamente e costantemente alla liberazione dalla forma in cui si trova, perché la percepisce come tormento, ma non sa nulla della sua originaria creazione e del suo destino. Nello stato della libera volontà (come uomo) la costrizione attraverso la sua forma esteriore è meno opprimente, però gli viene data la possibilità della conoscenza, e ora dipenderà dalla sua volontà di giungere alla piena conoscenza, che gli darà la garanzia per la definitiva liberazione dalla forma.

Quest’ultima prova della vita terrena è solo di breve durata, ma è del tutto sufficiente per far giungere all’essere (umano) la conoscenza, se non oppone nessuna resistenza. Tuttavia, questo breve tempo terreno è anche di straordinaria responsabilità, perché determinerà vita e morte nell’eternità, …cioè della sua libertà o una nuova relegazione, quindi, forza e potenza, oppure impotenza, cioè assenza di vita. Infatti, quest’ultima è il destino di chi non ha fatto diventare attiva la sua libera volontà sulla Terra rispetto alla Volontà di Dio. Per delle eternità ha dovuto procedere attraverso la Creazione secondo la Volontà di Dio, allo scopo del suo sviluppo verso l’alto, e nel breve tempo della libertà della volontà vi deve aspirare e continuare per propria spinta.

Se l’essere fallisce, allora la sua volontà è ancora distolta da Dio, e perciò non può dimorarGli vicino, quindi non può ricevere forza e luce da Dio; di conseguenza, il suo stato è senza forza né luce, il che lo opprime immensamente, essendo quello spirituale creato una volta libero e perfetto. Se invece nella sua essenzialità avrà raggiunto di nuovo il suo stato primordiale attraverso la volontà costantemente rivolta a Dio, potrà attivarsi nella libertà spirituale e nell’illimitata potenza e pienezza di forza per la propria felicità. E la decisione su questo è posta nelle mani dell’uomo sulla Terra, dove è determinante il suo cammino terreno e la sua volontà, per il destino a cui sarà destinata la sua anima, …l’essere proceduto da Dio! – Amen!

 

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1 – ‘sopportare la costrizione’ : le particelle animiche degli esseri caduti relegate nella materia si perfezionano in un’evoluzione animica di questa, attraverso gli elementi della Creazione, dal minerale al vegetale, dal vegetale all’animale, dall’animale all’uomo. [vedi il fascicolo n, 100  - “Lo sviluppo dello spirituale nelle Creazioni”]

 

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